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Ginseng – il Caffè

10 Aprile 2016

Basta un tocco di ginseng per dare più tono al piatto. Il più tonico dei tonici per dare energia al piatto. Per noi europei il ginseng è il classico integratore alimentare cui ricorriamo periodicamente per tirarci su. Ma, nelle terre dove nasce, questa radice è un ingrediente vero e proprio. Di grappe, infusi, vino, tè e adesso anche caffè. I barman americani preparano da sempre degli squisiti ginseng-tonic. Perché se la bacca di ginepro è servita per secoli a combattere la gotta dei ricchi gentlemen del Nuovo Mondo, il prezioso tubero orientale è una panacea per tutti i mali. Lo dice il nome stesso, panax ginseng, che deriva dal greco pan, che significa tutto e akeia che vuol dire cura. La classica pianta miracolosa insomma. Mentre in cinese jenshen vuol dire pianta-uomo o radice virile. Per due ragioni. Perché le diramazioni hanno forma umana e perché i ginsenoidi che contengono stimolano la virilità.

I primi a scoprirne gli effetti sono stati i cinesi cinquemila anni fa. Ne importavano quantità industriali dalla Corea in cambio della loro pregiatissima seta. In Europa, invece, la radice dell’uomo è arrivata appena quattro secoli fa, quando gli ambasciatori del re del Siam, oggi Tailandia, lo regalano al re Sole. Il resto lo fanno i missionari gesuiti che arrivando in Nord America si accorgono che la natura lì è molto simile a quella descritta dai confratelli residenti in oriente, che raccontano dell’estrazione di radici miracolose. Così cominciano a cercarle nei boschi e trovano quello che ribattezzano il ginseng d’America.

Non a caso ancora oggi è in queste due aree del mondo che il tonico viene coltivato e soprattutto consumato anche in cucina. Nelle montagne del Maryland una delle ricette più amate è la carne di cervo stufata con ginseng, in salsa di soia, sherry e olio d’oliva. Dove il tipico sentore di cianfrusaglie umidicce conferisce alla carne un retrogusto di affumicatura che rende questa ricetta particolarissima.

Mentre i coreani vanno pazzi per una zuppa di pollo che si chiama samgyetang. Il volatile viene farcito con qualche cucchiaio di riso bollito, una decina di spicchi d’aglio, una radice intera di ginseng e una prugna per addolcire il tutto. La ciotola viene servita con delle rondelle di porro fresco. E si mangia intingendo i bocconi di carne in una salsa agrodolce a base di soia, aceto, miele, cipolla e peperoncino piccante. Il risultato è un pieno di sapore e calore. Ma resistere è un punto d’onore. [PDF Download]

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