Quella serata a Capri cantando in napoletano. Il mio ricordo di Marc Augé su il Mattino del 25 luglio 2023
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La mela è un frutto long seller che arriva dalle alture kazake. Ha sessantacinque milioni di anni e non fa una grinza. La mela è un frutto long seller che arriva dalle vette kazache del Tien Shan. Le celeberrime montagne celesti che, strette tra la Cina e il Kirghistan, si allungano a dismisura verso il cielo. La neve qui è perenne, ma appena l’altitudine lo consente si trovano favolosi meleti selvatici che, come giocolieri, lanciano verso l’alto i frutti color rubino. E il loro profumo seducente si spande nell’aria come una nostalgia edenica.
Se questo paradiso terrestre è ancora intatto lo si deve anche a Caterina II di Russia che amava la natura e per arricchire il suo erbario sguinzagliava schiere di etno-botanici alla ricerca di piante rare. Tra questi figura anche il tedesco Johann August Carl Sievers che, nella seconda metà del Settecento, si avventura alla scoperta dell’Asia centrale fino a perdersi nelle aspre gole della Grande Tartaria. Una tribù turco-mongola lo soccorre stremato dalla fame e gli fa scoprire i meleti monumentali dove è nata la progenitrice di tutte le mele coltivate. Sievers rimane talmente sbalordito da quel sapore dolce e acidulo, che decide di farlo assaggiare all’imperatrice e ai colleghi dell’Accademia delle scienze di San Pietroburgo. Da allora quel tipo di melo – malus sieversii – porta il suo nome. Questa scoperta sbalorditiva è raccontata mirabilmente dalla naturalista Catherine Peix nel documentario “Le foreste dei meli selvatici del Tien Shan”, che recentemente ha vinto il premio Carlo Scarpa della Fondazione Benetton.
I genetisti della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige hanno dimostrato recentemente che tutti i meli domestici discendono da questi alberi atavici. Una scoperta che ci fa tornare agli albori della storia. In un certo senso perfino alla Genesi, dove il frutto proibito è proprio un pomo selvatico. E, con il senno di poi, l’episodio biblico può essere riletto in una luce diversa. Come quella proposta dal filosofo illuminato Immanuel Kant che, nelle Congetture sull’origine della storia, considera il morso di Adamo ed Eva l’inizio della civiltà e non la fine di una condizione edenica. Come dire che, impadronendosi del frutto della conoscenza, i progenitori danno inizio a uno straordinario processo di addomesticazione, di sé e del mondo. Insomma se il destino dell’uomo era quello di entrare nella storia, almeno lo ha fatto con un buon sapore in bocca. [PDF Download]
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