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Cucina modenese – il Caffè

16 Ottobre 2016

Tortellini, cotechino, zampone… la Formula 1 che batte il globish. Arte e vita non sempre coincidono. E non ha fatto eccezione quella di Enzo Ferrari, l’inventore della mitica rossa. Proprio lui che sulla velocità, la tecnologia, l’accelerazione e l’innovazione ha scommesso tutto, in fatto di gastronomia non ha mai rischiato nulla. È sempre rimasto a casa. La sua Modena.

I suoi celeberrimi clienti, re, sceicchi, milionari, artisti, calciatori e appassionati di motori li aspettava tutti a Maranello. Anche perché aveva paura degli aerei e non c’era verso di fargliela passare. Nel suo habitat invece si sentiva bene, faceva scegliere modelli e optional ai vip venuti da tutto il mondo e poi immancabilmente li portava a mangiare di fronte alla fabbrica, al ristorante Il Cavallino. Dove la cucina era ed è quella modenese doc. Nessuna concessione al globish. Tortellini in brodo, cotechino, zampone, lenticchie e purè. Preceduti dall’antipasto a base di “prosiutto”, parmigiano reggiano e gnocco fritto, una focaccina leggerissima che, gettata nello strutto si gonfia come un palloncino. Il tutto annaffiato di lambrusco e seguito dal dessert più disarmante del mondo, il gelato alla crema con tre ciliegie sciroppate di Vignola e qualche goccia di aceto balsamico tradizionale. Dicono gli esperti che poche lacrime di questo mosto di vino invecchiato venticinque anni facciano digerire e annullino la sete fino al giorno successivo. Ma per chi voglia chiudere il pasto con un condono tombale allora il bicchierino di nocino è come la scritta The End alla fine di un colossal.

Ferrari diceva con orgoglio campanilistico che nessuno si era mai lamentato delle sue macchine, ma soprattutto nessuno si era mai lamentato dei prodotti gastronomici di Modena.

Forse non è un caso che all’ombra della cattedrale, capolavoro del romanico padano e patrimonio Unesco, ci sia quello che è stato giudicato il miglior ristorante del mondo, cioè La Francescana di Massimo Bottura. Così al mito della velocità oggi si è aggiunto il mito della bontà. E all’origine di tutto c’è sempre l’ingegno di un popolo contadino che ha nel suo Dna l’innovazione, la perfezione e il piacere. L’eccellenza del gusto e il gusto dell’eccellenza. Perché da quelle parti, in pista come a tavola, la formula è una. [PDF Download]

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Elisabetta Moro
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