Quella serata a Capri cantando in napoletano. Il mio ricordo di Marc Augé su il Mattino del 25 luglio 2023
Marc Augé aveva Parigi nel cuore e il mondo nella…
Nel Belpaese dove ogni rimatore gioca con l’amore, quest’anno San Valentino si è presentato come dio comanda. Complice il Festival di Sanremo appena terminato, dove c’è stata una vera e propria strage di cuori. Innamorati, abbandonati, trafitti, beati, spezzati, violati, ritrovati. La colonna sonora ideale per il 14 febbraio.
Il popolo che si è commosso per La ragazza con il cuore di latta di Irama o per l’amore rock di Loredana Berté, sembra proprio non possa fare a meno di parlare d’amore. Lo grida, lo sogna, lo canta, lo ritma, lo posta, lo tatua, lo dice. «Dammi tre parole, sole cuore e amore» fischiettava qualche tempo fa. Come se non bastasse, Ultimo, che per un soffio anche quest’anno non è arrivato primo, invoca Dio chiedendogli di inventare nuove parole d’amore. Ci manca solo questa. Già sono tante, già sono troppe. Ma una ragione c’è. E forse sta proprio nel fatto che Valentino, il patrono universale del batticuore, era uno di noi. Un italiano vero!
Infatti è nato a Terni nel 176 ed è diventato Vescovo della città quando aveva poco più di vent’anni. Si è distinto per aver difeso gli innamorati, celebrando anche nozze proibite come quelle tra pagani e cristiani. Finché lui stesso non ha perso la testa, ma sotto la scure del boia.
Dal martirio in poi è stato tutto un crescendo di popolarità. Soprattutto grazie a Papa Gelasio che nel V secolo ha usato l’avvocato del cuore come grimaldello per smantellare una tradizione pagana. Si trattava del rito dei Lupercali, che cadeva alle Idi di febbraio, cioè il 13, e in occasione della festa i sacerdoti si ritrovavano nella grotta dove, secondo la leggenda, la lupa aveva messo al riparo Romolo e Remo. Il rito prevedeva il sacrificio di un capro, per propiziare la fertilità e di un cane per purificarsi. La pelle degli animali, imbevuta del loro sangue, veniva suddivisa in tante stringhe con le quali si frustavano dolcemente le donne sposate per risvegliare i loro sensi.
Le vergini, invece, inserivano il loro nome in un’urna e venivano accoppiate agli scapoli per sorteggio. Facevano coppia fissa per un anno e spesso la storia finiva in bellezza con la ghirlanda di stephanotis, i fiori d’arancio dell’epoca. Col senno di poi, la strategia del Pontefice ha sortito un risultato inatteso. Perché se è vero che il martire cristiano si è preso la scena, è altrettanto vero che la tradizione pagana ha rinforzato il binomio Amore-Valentino. Con la conseguenza che la sua fama è arrivata ovunque, al punto da farlo entrare anche nello sparuto calendario dei santi ammessi dalla Chiesa Anglicana. Tanto che Shakespeare fa dire a Ofelia, la protagonista femminile dell’Amleto, che per la festa di San Valentino lei sarà la Valentina dell’amato principe di Danimarca. E Valentini si chiamano ancora oggi sia gli innamorati in carne e ossa, sia i biglietti d’auguri che i fidanzati si scambiano nei paesi dove si parla la lingua del Bardo.
Anche se il primo a scrivere due righe appassionate alla moglie lontana nel giorno del santo non è stato un britannico, ma Carlo d’Orleans, prigioniero nella torre di Londra, dopo la sconfitta di Agincourt del 1415. E non è un caso che sia un francese ad avere questa sensibilità romantica. Che è il frutto maturo di una raffinata educazione sentimentale promossa dalla regina di Francia Eleonora d’Aquitania, moglie di Luigi VII, che nel 1137 istituisce il primo tribunale di donne addetto alla verifica delle competenze amorose dei cavalieri. Pare che fossero rozzi e imbranati, bruschi e insensibili. Perciò vengono obbligati a esternare la loro passione davanti al gran giurì, che giudica la qualità degli argomenti, l’estetica delle loro lettere amorose, nonché la bellezza dei poemi dedicati alla Venere di turno. Da allora le cosiddette Corti d’amore si diffondono in tutta la nazione, insediandosi regolarmente ogni 14 febbraio e la loro giurisdizione si estende a tutte le controversie di cuore. Tradimenti, promesse mancate, abbandoni, liti, insoddisfazioni erotiche, calunnie, contratti matrimoniali, separazioni. Spesso anche tra partner dello stesso sesso.
A riprova del fatto che sull’amore si sono sempre riversati fiumi di parole. Sublimi se a scrivere sono Catullo e Petrarca. Sdrucciolevolmente sdolcinate quando tocca ai parolieri del pop. Ma ciascuno fa quel che può e sa. Peace&Love.
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