«La potenza dell’homo faber valore che supera il tempo». Articolo di Carmen Fusco su il Mattino del 29 giugno 2019
«La Festa dei Gigli è un evento che coinvolge in maniera corale la città di Nola. Vi ho partecipato tante volte e ho sempre pensato che i cittadini fanno la festa per loro stessi prima che per turisti e visitatori. Ed è proprio per questo che sono riusciti a salvaguardarne l’autenticità»: Elisabetta Moro è docente di Antropologia Culturale presso l’Università Suor Orsola Benincasa.
Cosa l’ha spinta ogni volta a ritornare?
«Il rito è tale se c’è una ripetizione e proprio in questo sta il suo valore. La festa dei Gigli ripete sì lo stesso copione, ma ogni anno in maniera diversa, le musiche cambiano, così come i gigli e le persone. Lo spettacolo è sempre nuovo e per questo non annoia; per giunta a Nola non si è mai solo spettatori, anche il turista più distaccato viene travolto dalla passione e dall’entusiasmo della comunità»
Se questa è la festa dei cittadini di Nola, non è un paradosso il sigillo Unesco come patrimonio dell’umanità?
«Non lo è affatto, anzi. Se una tradizione è patrimonio di tutti è responsabilità di tutti farla continuare. Lo sprone dell’Unesco ci ha fatto capire che a Nola esiste qualcosa di importante che merita attenzione e cura. Purtroppo a scuola ci hanno insegnato ad apprezzare solo l’Arte con la A maiuscola, quella dei monumenti e delle pale d’altare, mamai nessuno ci ha insegnato a capire il valore delle cattedrali viventi che rappresentano le nostre origini».
E quale è il valore di questa manifestazione, che resiste ancora nel terzomillennio?
«La rappresentazione dell’homo faber, della potenza del fare e del costruire per la quale poi ci si affida alla benevolenza dei santi».
Lei dedica grande attenzione alla dieta mediterranea che, come i Gigli, è nella lista del patrimonio culturale immateriale Unesco. Cosa hanno in comune?
«In comune c’è il Mediterraneo, che definire la culla della civiltà non è un esercizio retorico. Più si studiano l’antico ed il contemporaneo insieme e più emerge che siamo esseri antichi. La forza di questi patrimoni è proprio di riuscire a ricordarci da dove veniamo».
In sostanza il sigillo Unesco può salvaguardare le nostre eredità culturali?
«Senza dubbio. Tanto è vero che con l’Università stiamo portando avanti un progetto di candidatura, finanziato dalla
Regione, che si chiama “Rituali e carri artistici di Grano” e riguarda i carri di Mirabella Eclano, Flumeri, Fontanarosa, Villanova del Battista, Foglianise, San Marco dei Cavoti e Jelsi nel Molise».