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Perché Napoli è diventata la Capitale del caffè ristretto – il Mattino

30 Agosto 2019

«Il caffè è utile a chi vuole risparmiare tempo, ma non la salute». Lo dice nel Settecento Linneo, padre delle scienze naturali, mostrando una certa diffidenza verso la nuova bevanda energetica giunta in Europa da Oriente. Dove invece il liquido nero viene ritenuto una sostanza sacra, al punto che il suo nome arabo kawa, poi in turco quahve, da cui il nostro caffè, è legato alla Kaaba la pietra sacra della Mecca. Non solo per il color pece che hanno in comune, ma perché la caffeina, rende lucidi e dinamici. E soprattutto tiene sotto controllo le passioni proprio come fa la religione.

Non a caso anticamente le botteghe del caffè di Costantinopoli si chiamano “Scuole di sapienza”, perché il consumo di caffè viene considerato tipico degli uomini di scienza, dei mercanti e di tutti coloro che devono tener sempre desta l’attenzione. Per questo all’infuso vien dato anche il nome di «latte dei pensatori e dei giocatori di scacchi». D’altra parte il rapporto tra caffè, lucidità e produttività rimane una costante nella storia dell’Arabica. Tanto da farne la bevanda simbolo della modernità e del suo dinamismo economico e sociale. Non a caso rivoluzioni e innovazioni borghesi nascono nei caffè di Parigi, Londra e Vienna. E proprio dalla capitale austriaca inizia l’irresistibile ascesa della mitica tazzina. Tutto grazie all’uomo giusto nel posto giusto, il polacco George Kolschitzky che nel 1683 contribuisce a salvare Vienna stretta d’assedio dai Turchi di Kara Mustafà. In cambio dei suoi preziosi servigi Kolschitzky chiede in cambio al conte Starhemberg, difensore della città, le cinquecento libre di foraggio per i cammelli che gli Ottomani in ritirata hanno abbandonato. In realtà i sacchi sono pieni di chicchi di caffè ma nessuno sa che cosa sia. L’avventuriero polacco invece, ha imparato persino a tostarlo e estrarne i succhi durante i suoi viaggi in Oriente. Ben rifornito, apre una bottega nella Dômgasse e la chiama Zur Blauen Flasche (Al fiasco blu), nome ripreso sapientemente da una catena oggi molto in voga. Ai clienti, poco abituati al sapore robusto della nuova bevanda, viene servito con latte e miele. Nasce così il mélange, il caffè ancora oggi amatissimo dai Viennesi. Per celebrare la fine dell’incubo, l’abile commerciante fa preparare dei panini dolci a forma di mezzaluna, emblema della Turchia, per offrire il brivido di mangiare simbolicamente il nemico. E di fatto inventa la nostra colazione con cornetto e cappuccino.

La diffusione della bevanda nera diventa presto virale. A Napoli, città di porto e di commerci, diventa in poco tempo una vera e propria bevanda sociale. Consumata dalle famiglie ricche che apprendono da libri come Il cuoco galante di Vincenzo Corrado una tecnica di tostatura che evita ai chicchi di perdere l’olio e mantiene un gusto rotondo e dolce, del tutto simile a quello che si può bere ancora oggi in città. Con buona pace di Report. E come se non bastasse ne Il credenziere di buon gustoCorrado dà la ricetta della crema fredda di caffè, due secoli prima di quelle attuali. Ma il contributo fondamentale della cultura napoletana alla storia della spremuta di kava è certamente l’invenzione nell’Ottocento della caffettiera napoletana, che fa filtrare l’acqua bollente senza dispersioni di calore e vapore, conservando tutto l’aroma della miscela. Fino ad allora la preparazione più diffusa era quella della bollitura alla turca. Da quel momento Napoli diventa la capitale del caffè, celebrato dalla poesia e dalla canzone, che portano ai quattro angoli del mondo la fama dell’espresso partenopeo. Una passione e una fissazione collettiva che dà vita a forme di solidarietà commoventi come il “sospeso”. E come il “caffè di ginocchio”, estratto dai fondi che il barista depone nel cassettino all’altezza delle ginocchia e che gli ambulanti ritirano a fine giornata per essiccarlo di nuovo e preparare un caffè “pezzottato”, venduto a prezzi stracciati. È la tazzulella spreco zero, ennesimo capolavoro dell’arte di arrangiarsi.

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Elisabetta Moro
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