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Trotula, l’italiana che rivoluzionò la medicina – La Lettura de Il corriere della Sera

7 Giugno 2020

È italiana la prima donna medico d’Europa. Si chiamava Trotula ed era nata da una nobile famiglia di Salerno. I colleghi di tutto il mondo leggevano avidamente ogni riga distillata dalla sua penna. Era sapiente, intelligente, innovativa. In una parola, geniale. Ha inventato la ginecologia e molto altro, perché per lei la paziente o il paziente doveva essere messo al centro di tutto. Valutando l’anamnesi, la classe sociale, la disponibilità economica e la sua angoscia. Soprattutto tenendo conto che le donne sono diverse dai maschi, per fisiologia ma anche per psicologia. Perché la cura va profilata su ciascun individuo. Concetti che oggi sono facili a capirsi, ma nel Mille erano difficili a dirsi. Eppure, lei ha rivoluzionato un intero campo del sapere. Al punto che le vengono dedicati poemi e pièces teatrali, racconti e leggende. Come il monologo Dit de l’herberie del famoso trovatore francese della prima metà del XIII secolo Rutebeuf, nel quale un erborista ciarlatano per fare fessi i pazienti millanta di aver svolto il tirocinio a Salerno con la magistra Trotte.

Ricordare questa luminare nell’attuale momento storico, pandemico e polemico, con le virologhe in corsia e i virologi in TV, è anche un modo per rimettere le cose al loro posto. Per dare a Trotula quel che è di Trotula, collocandola al centro della storia della medicina d’Occidente. Che è proprio quel che si prefigge Pietro Greco con un libro intitolato Trotula, appena pubblicato dalla casa editrice L’asino d’oro in una tempestiva collana che si intitola “Profilo di donna”. Una serie di volumi che intendono raccontare figure femminili che si sono distinte in diversi ambiti, dall’arte alla politica, dalla musica alla filosofia. La sezione dedicata alla scienza, affidata per l’appunto a Greco, giornalista e scrittore, si inaugura con quest’opera dedicata alla celebre sanatrix e alla sua vita fuori dal comune.

Sì, perché Trota de’ Ruggiero, questo il suo vero nome, è stata una delle eminenze grigie della famosa Scuola Medica salernitana, fiorita nel Medioevo. Secondo gli storici, si tratta della prima Facoltà di medicina al mondo. E per di più con al suo interno un nutrito gruppo di medichesse passate alla storia come le Mulieres Salernitanae. La loro presenza in questo ramo del sapere, che altrove era appannaggio esclusivo dei maschi, si spiega con il particolarissimo clima culturale laico, egalitario – oggi diremmo progressista – che si sviluppa a Salerno con la dominazione dei Longobardi e subito dopo dei Normanni, i quali trovano di fatto una società già predisposta al meticciato culturale mediterraneo, con un continuo andirivieni di arabi, greci, bizantini, africani. Lo dice a chiare lettere il racconto di fondazione della Schola, secondo il quale in una notte buia e tempestosa dei viandanti si incontrano casualmente sotto un ponte dell’acquedotto dove hanno cercato riparo. Sono il greco Pontus sbarcato da Alessandria d’Egitto, un ebreo di Betania di nome Helinus, l’arabo Abdela giunto dalla città siriana di Aleppo e il latino Salernus che ha una brutta ferita. I quattro improvvisano un consulto e scoprono di essere tutti medici, seppur appartenenti a tradizioni iatriche diverse. Allora decidono di mettere in comune le rispettive conoscenze e di dar vita a una nuova Scuola di medicina. La leggenda ha l’universalismo interculturale della mitologia e il fatalismo provvidenziale dell’agiografia nel particolare della tempesta, una sorta di “tregenda aurea”. Insomma, il racconto lega il presente alla grande eredità di medici celeberrimi come Ippocrate, Teofrasto, Dioscoride, Galeno e Avicenna.

Trotula, che era nata nel 1030, si forma in questo contesto cosmopolita e a vent’anni già esercita la professione. Da internista si rende presto conto che le donne sono restie a raccontare i loro sintomi ai dottori, perciò teorizza la necessità di una vera e propria medicina di genere. Anticipando di un millennio la sensibilità contemporanea verso un approccio che revochi in questione i parametri esclusivamente virili sui quali sono tarate la diagnostica, la ricerca sperimentale, nonché la posologia dei farmaci. Come ricorda con dovizia di particolari l’ex ministra della salute Rosy Bindi nella Prefazione ad una nuovissima traduzione del best seller di Trotula, De passionibus mulierum ante in et post partum, pubblicata da Manni Editori. Un testo prezioso curato mirabilmente da Piero Manni – fondatore, con la moglie Anna Grazia D’Oria, della casa editrice omonima – che non ha fatto in tempo a vedere il volume in libreria, poiché lo scorso 22 maggio si è spento all’età di 76 anni. La sua sensibilità per la lingua latina e per la storia delle idee gli hanno suggerito di rendere liberamente il titolo originale con La sinfonia del corpo perché, spiega nell’Introduzione «come la composizione musicale (dal greco syn, insieme e phoné suono) è il complesso armonico dei suoni, così il corpo umano è un complesso armonico strutturato, e allorquando una qualche ragione ne altera l’equilibrio, l’arte medica interviene per rimuovere la causa della rottura, per ricondurlo alla generale sinfonia». Ed è esattamente quello che fa Trotula quando insegna ai colleghi maschi quale sia la chiave armonica della fisiologia femminile. Avvantaggiata dal fatto banale di essere una donna. E motivata da una forte partecipazione empatica alla costante emergenza sanitaria in cui versano le sue congeneri, tra gravidanze, parti, aborti, tagli cesarei, infertilità. Infatti, con un approccio laico, lontano da ogni oscurantismo religioso, la grande clinica mette nero su bianco tutti i metodi anticoncezionali che conosce, perché i medici li insegnino alle pazienti. E il suo impegno militante a sostegno del secondo sesso diventa esplicito quando racconta i trucchi per apparire vergini la notte delle nozze. Pagina dopo pagina, rimedio dopo rimedio, tutto lo scibile sulla ginecologia scivola dentro il racconto della sua pratica medica. Che esercita con successo e umanità, tanto che quando nel 1097 muore all’età di 67 anni una folla oceanica partecipa al suo funerale.

Il Trotula Maior, come viene ribattezzato il De passionibus, per molti secoli è stato la Bibbia ginecologica dell’Occidente, tradotto in tutte le lingue d’Europa, dal Fiammingo al Catalano, dal Tedesco all’Irlandese. Era sugli scaffali della biblioteca della Sorbona, di Carlo V di Francia, di Richard de Fournival, una delle più grandi menti del Medioevo cortese e nella library di un faro di cultura come il Monastero degli agostiniani di Canterbury.

Altri due suoi capolavori sono giunti fino a noi, il De curis mulierum, un trattato terapeutico e il De ornatu mulierum, dedicato alle pratiche di bellezza. Non solo makeup, ma approccio olistico bello e buono. Perché parte dal presupposto che bellezza, salute e wellness siano una sola cosa. Grazie a queste opere la fama della dottissima salernitana arriva ovunque. Ma l’assunzione della scienziata nel firmamento degli spiriti eletti avviene con Geoffrey Chaucer nei Canterbury Tales. Nel rutilante Prologo al Racconto della donna di Bath, Alison, l’emancipatissima protagonista, ricorda che uno dei suoi innumerevoli mariti leggeva di continuo pagine di Dame Trotula, alternandole a quelle di Ovidio, Tertulliano, Crisippo. Così, il padre della letteratura inglese ha elevato al rango di classico la medichessa che aveva a cuore l’altra metà del cielo.

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Elisabetta Moro
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