Quella serata a Capri cantando in napoletano. Il mio ricordo di Marc Augé su il Mattino del 25 luglio 2023
Marc Augé aveva Parigi nel cuore e il mondo nella…
L’ultimo tabù dell’Occidente è crollato. Gli insetti sono definitivamente ammessi alla nostra tavola. Forse era inevitabile e anche auspicabile. Visto che esistono 1.900 specie di animaletti commestibili che 2 miliardi di persone consumano regolarmente. E considerato che il sovrappopolamento del pianeta richiede nuove fonti proteiche per sfamare tutti, come dicono da tempo la Fao e altre organizzazioni internazionali. Certo è che l’Europa ha resistito a lungo, per ragioni di gusto e di disgusto. Perché nella sua storia millenaria ha inventato una grammatica culinaria particolare, complicata e sofisticata. Fatta di inclusioni ed esclusioni. Totem e tabù. Passioni e repulsioni. Andando in sollucchero per rane fritte, lumache gratinate, anguille marinate, frutti di mare palpitanti, formaggi con vermi guizzanti, grappoli d’uva ricoperti di muffe. Cose che invece fanno storcere il naso a chi non è del vecchio mondo.
Pian piano ci adatteremo a questi nuovi ingredienti, come le farine di blatte e gli spiedini di locuste. E magari ci prenderemo gusto. Come è accaduto con il tofu, un concentrato di proteine della soia trasformate in panetti bianchi e creme avvolgenti, che opportunamente insaporite, come fanno da sempre in Giappone e in Cina, diventa una pietanza stuzzicante.
In fondo la diffidenza per i nuovi ingredienti è sempre stata una costante della storia dell’umanità. Quando dalle Americhe arrivarono pomodori, fagioli, peperoni, mais e patate, sembravano immangiabili. Come il tacchino, arrivato dalle Indie. E il caffè, portato dagli Ottomani a Vienna per reggere le fatiche dell’assedio. Sulle prime appare imbevibile, ma presto diventa irrinunciabile. La storia è tutta un ripensamento. E presto le cavallette non saranno più un flagello biblico, ma una manna dal cielo. Forse. [PDF Download]
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