
Quel protettore che batte gli scaramantici – il Mattino del 26 aprile
Napoli è da sempre l’università della superstizione. Ma in questo…
La dieta mediterranea è la nuova protagonista del presepe napoletano.
Spaghetti, cozze, capitoni, mozzarelle, meloni, mele, caciocavalli, olive e taralli riempiono la scena della Natività.
Per un banchetto festivo che tiene insieme gusto e salute, sapore e leggerezza. A farne le spese sono i tradizionali banchi dei macellai, con i sontuosi quarti di bue grasso e i festoni di salsicce che per almeno tre secoli hanno rappresentato l’abbondanza. Il sogno di un popolo di poveri che almeno a Natale si augurava di mangiare come ricchi. E la proteina animale era il classico boccone da re. Per questo gli artigiani davano il meglio con la cacciagione penzolante dai ganci delle botteghe e con i maiali appesi. Era la versione in 3D di quelle nature morte d’autore che la borghesia esibiva in sala da pranzo. Ma nel frattempo qualcosa è cambiato. Bistecche e salami sono diventati cibo quotidiano e hanno perso l’aura. Lasciando il posto alle nuove passioni del cittadino globale che, per ragioni etiche o dietetiche, rinuncia ai piaceri della carne. Così accanto al bambinello, gli appassionati del presepe piazzano fruttivendoli e ovaiole, panettieri e casari, pescivendoli e tarallare. Ceste di mele annurche e grappoli di pomodorini del piennolo. Lo attesta una ricerca del MedEatResearch, il centro di ricerche sociali sulla dieta mediterranea dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. E la stagionalità, mantra di questo stile di vita, viene riaffermata in questa Babele di terracotta traboccante di arance, cachi, castagne, melograni, broccoli e carciofi. Il personaggio dell’anno è il pizzaiolo la cui arte, un anno fa, è stata dichiarata patrimonio dell’umanità. Vestito di bianco, con in mano la pala da forno, il maestro della margherita va a ruba tra le bancarelle di San Gregorio Armeno. Si obbietterà che al tempo di Gesù tutto ciò non esisteva. Vero. Ma il presepe è da sempre un giocattolo rituale, un Vangelo in dialetto, dove passato e presente diventano contemporanei. Tanto che nell’800 raffiguravano Erode mentre assisteva impassibile alla strage degli innocenti sorseggiando una tazzina di caffè. Fatto con la Napoletana, of course!
Napoli è da sempre l’università della superstizione. Ma in questo…
Prendi un Santo, aggiungi un celebre fotografo, mettici il Rione…