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Maturità: rito di passaggio o flop? – Il Mattino

12 Giugno 2020

Maturità al tempo del Covid-19. Un rito di passaggio o un flop? I giochi sono ancora aperti, anche se di circolare in circolare sono sempre più ingarbugliati. Eppure, nonostante tutto, un rito resta un rito. Anche sgangherato, sabotato, svuotato. Perché solo l’annullamento può azzerarne davvero l’effetto. Mentre lo stato di eccezione nel quale si svolgerà l’esame, a partire dal 17 giugno, con la commissione interna, l’eliminazione degli scritti, l’orale con distanziamento, il divieto di portarsi la claque, la dissertazione solitaria e la promozione, secondo alcuni già in tasca, non riusciranno a vanificare del tutto la validità pedagogica della prova. Che resta comunque un cimento. Facile agli occhi di un adulto che al solo pensiero della sua maturità vintage “rinovella disperato dolor che ‘l cor gli preme”. Difficile però per chi dovrà affrontare per la prima volta i professori di tutte le materie schierati tutti insieme, come giudici sugli scranni di un tribunale magnanimo, forse, ma pur sempre chiamato a giudicare l’alunno. E a dargli un voto. Forse facciamo un torto ai candidati – che si chiamano così perché anticamente erano vestiti o dipinti di bianco – se continuiamo a dirgli che quest’anno butta male e il loro esame sarà una farsa. Forse, perché non sia un flop, dovremmo fare in modo che la loro maturità abbia la stessa importanza di quella che generazioni di Italiani hanno vissuto prima di loro. Dovremmo offrirgli una chance per mostrare quanto valgono. Per tirare fuori quel coraggio che spesso non sanno di avere. In fondo hanno saputo fronteggiare le ansie di questi mesi, hanno continuato a studiare nonostante tutto. Hanno seguito lezioni belle e spiegazioni pallosissime di insegnanti bravi e meno bravi. Prof che non sanno cosa sia un PowerPoint e altri che invece fanno volare i pensieri di chi li ascolta, anche con la voce in asincrono sul labiale. Docenti che con la didattica a distanza hanno trasmesso moltissimo e altri che si sono impallati. I maturandi 2020 al posto dell’aula hanno avuto una camera con vista sulle stanze dei compagni. Hanno scherzato, chattato, sfottuto tutto e tutti. Ora è venuto il loro momento per mostrare di cosa sono capaci. In palio c’è il voto finale che li bolla per tutta la vita. Cum Laude, altissimo, medio, risicato.

Non occorre che la maturità sia un incubo vetero scolastico perché funzioni. Dopo cento giorni di isolamento, privati del piacere di fare le ammucchiate studio a casa dell’uno e dell’altro per ripassare in compagnia, i ragazzi meritano di vivere a pieno il loro test d’ingresso nella vita adulta. In realtà ci vorrebbe più rito e meno polemiche. Servirebbe una regia illuminata che sapesse mettere in scena il passo che queste ragazze e ragazzi stanno per compiere. Almeno un gesto simbolico, da ripetere in tutta Italia, per fargli sentire che la loro generazione, nonostante tutto, sta affrontando l’esame tutta insieme. Invece l’intero sistema scolastico si concentra solo su sanificazioni e turnazioni, file indiane e aule di decontaminazione. Eppure, da almeno tre anni, tutti gli dicevano che questo è il momento decisivo. La prova delle prove. L’inizio di una nuova condizione e una nuova identità. Sanno bene che cosa siano i riti di passaggio e le iniziazioni, li hanno studiati in classe, quando ce n’era una. Magari hanno anche letto il nome di Arnold Van Gennep, l’antropologo belga che nel 1909 ha inventato questa terminologia per racchiudervi tutte quelle tappe fondamentali che guidano il cammino della vita. Battesimi, comunioni, cresime, maggiore età, giuramenti, matrimoni, funerali e diplomi. Si era accorto che in tutte le culture esistono delle cerimonie sulle quali la società passa un colpo di evidenziatore per segnalare che i suoi componenti escono definitivamente da una condizione sociale vecchia per entrare in una nuova. Come le pedine della dama transitano da una casella all’altra della scacchiera. Momenti in cui si impara a dominare le emozioni, a controllare la fifa nera, a contenere la saccenteria, a non affogare sommersi dall’onda dell’adrenalina. A cavarsi la soddisfazione di lasciare la commissione a bocca aperta. E quella, anche dietro la mascherina, si vede benissimo.

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Elisabetta Moro
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